IN MEMORIAM STELIO VINANTI, IL PRIMO DEGLI ABBADIANI

 

Stelio Vinanti

Cari lettori, probabilmente non conoscete Stelio Vinanti. Solo chi viveva a Milano dai tempi in cui Claudio Abbado era alla Scala lo conosceva, solo i vecchi loggionisti, quelli che facevano parte degli « Amici del loggione », lo conoscevano allora per la sua alta statura, per le sue rabbie improvvise, per la sua passione per la musica, per Claudio Abbado, per la cultura in tutte le sue forme. 
Il virus lo ha portato via mentre si trovava in una casa di riposo milanese. Quindi, per chi lo conosce e per chi, dopo aver letto il mio pezzo avrebbe sicuramente voluto conoscerlo, tengo a evocare questi ricordi di questa figura di habitué che frequentava la Scala e tutti teatri e le sale da concerto in Italia, di un vero appassionato di musica, e del primo degli abbadiani.
Merita di essere ricordato, tanto più che è impossibile andare a Milano per onorarlo tutti insieme.
Che razza di carattere!! Gli era facile infiammarsi al di là della ragione per difendere le sue passioni e le sue idee, persino le sue chimere. Era un uomo sgargiante, che passava le sue giornate nella sua tana, aperta sul giardinetto di una casa di charme nel centro di Milano, una casa di operai con giardino di fine Ottocento, un po’ in stile “cottage” inglese in versione casolare lombardo; quella tana era piena di carte, libri, articoli di giornale ritagliati, e in un angolo un paio di occhi enormi, quelli di Claudio Abbado, che sembravano guardarlo e tenere d’occhio l’allegro casino che vi regnava.
Quando scendevamo laggiù, ci mostrava un articolo di giornale, ci chiedeva cosa pensavamo di un tale e tale concerto, di una tale e tale produzione scaligera, e se non eravamo d’accordo con lui, si arrabbiava. Considerava anche che con la scomparsa di Abbado, la Scala non fosse più quel luogo magico da frequentare assiduamente.

Vienna, 13 ottobre 1989, da s. a d.: Guy Cherqui, Stelio Vinanti, Claudio Abbado (con relativo autografo), Mirella Freni

Claudio lo amava molto, si conoscevano da molto tempo, e avevano stabilito tra di loro una di quelle relazioni che quando ci si ritrova il tempo passato senza essersi visto viene cancellato.Lui, questo pilastro delle sale da concerto, in una città dove il piccolo ambiente degli amanti della musica e dell’opera si incontrava in tutti gli appuntamenti importanti e dove tutti si conoscevano, era una delle figure che non passavano inosservate, chiacchierando con tutti, sorridendo sempre, lasciando a quelli con cui parlava l’impressione di essere indispensabili, unici al mondo. Per lungo tempo aveva lavorato per gli Amici del Loggione del Teatro alla Scala, un’associazione nata ai tempi di Paolo Grassi, che, oltre ad organizzare eventi per preparare i soci alle nuove produzioni scaligere, organizzava incontri, mostre, ecc.… e lui si occupava in modo specifico degli eventi.  È lì che l’ho incontrato, mentre preparavo un evento intorno a Bizet. E siamo diventati subito amici.
Amici al punto che la sua scomparsa è un vuoto enorme, come una delle parti essenziali della mia vita che se ne è andata, perché Stelio è stata una delle amicizie più forti dei miei anni milanesi, è stato anche per me una fonte infinita di conoscenze diverse, mi ha insegnato tante cose, mi ha invitato a tante letture (« Come? Ma non hai letto questo? Ma non è possibile » diceva nel suo modo teatrale irresistibile). Andare a trovarlo era la certezza di vivere non solo un momento stimolante, ma spesso forte, e di ritornare a casa con tante idee in testa.
È stato naturalmente uno dei fondatori del Club Abbadiani Itineranti, accolita di appassionati che hanno seguito i concerti di Claudio Abbado dopo la sua partenza da Milano nel 1986, prima informalmente, poi formalmente, fondando un’associazione. Dal 1986 fino al 2013 ci siamo incontrati tutti regolarmente ai concerti di Claudio a Vienna, Berlino, Lucerna e altrove. Quando ritornavamo a Milano la sera in macchina ascoltando cassette o CD, discutendo della produzione o del concerto appena visto, quanti litigi omerici tra Klagenfurt e Tarvisio, tra Monaco e il Brennero, tra Ferrara e Milano!

Con la sua figlia Alessandra alla Scala poco prima della chiusura dovuta al virus

Tale era Stelio, un personaggio colto e curioso di tutto, così immerso nel suo mondo che spesso dimenticava il mondo reale, ma fortunatamente aveva con sé la sua ammirevole moglie Francesca, insegnante al conservatorio, e due figlie eccezionali che ovviamente hanno fatto carriera nella cultura, soprattutto nel mondo teatrale, che hanno agito con lui come il figlio del re francese Jean le Bon (Giovanni II il Buono) che gli diceva nel cuore della battaglia « Padre tieni a destra! padre tieni a sinistra! ».
A tutte e tre rivolgo il mio pensiero tanto ma tanto affettuoso.
Sì, Stelio viveva nel suo mondo e noi lo amavamo per questa singolarità, che a volte ci infastidiva con i suoi eccessi, ma che per gli stessi eccessi ci affascinava anche. Era un personaggio alla Balzac, un César Birotteau della musica, o uno di questi maniaci di Molière che piegano l’entourage alla mania: era un personaggio di finzione perso in un mondo che non faceva per lui.
Aveva accumulato documenti incredibili su tutta la vita culturale italiana ed europea a partire dagli anni Settanta, il suo archivio è un pozzo senza fondo, con le conoscenze, i commenti e i sentimenti che lo accompagnavano: se avesse voluto scrivere, o trasmettere tutti i tesori che conosceva, avremmo senza dubbio uno dei grandi ricordi musicali o teatrali della fine del XX secolo. Mi ha anche trasmesso la sua passione per Luca Ronconi, per lui l’altro compagno di strada. Ma Stelio era anche un uomo fragile, un insicuro; preferiva immergersi nelle sue passioni da solo o con pochi amici e non avrebbe mai affrontato il mondo: stava troppo bene in questo regno di cui era il monarca assoluto.
Originario di Belluno, non lontano dalle Dolomiti, gli piaceva negli ultimi anni ritirarsi da lupo solitario nella sua « casera », una piccola casa di boscaioli in fondo di foreste per dipingere, disegnare e sognare.
La sua salute ormai era peggiorata, e da più di un anno si trovava in una casa di riposo, dove aveva trasformato la sua stanza in una dépendance della sua tana, piena di giornali ritagliati e soprattutto di superbi disegni dei residenti, che aveva colto con un tratto di incredibile sicurezza.
Là dove si trovava, aveva questa meravigliosa capacità di ricreare un mondo tutto suo.
In fondo era un artista, più solitario e più fragile di quanto si possa pensare, immerso nella carta stampata, con poco senso pratico (il suoi faccia a faccia con il computer o più tardi con lo smartphone erano omerici), un personaggio d’altri tempi, dedicato solo all’arte e alla musica, dedicato ai suoi idoli: è stato per noi l’emblema dei nostri anni di folli passioni per la musica, per Claudio, per il teatro, per l’arte, e allo stesso tempo ha rappresentato per noi l’estremo del possibile. Da qui questa alternanza, anche in una sola serata, tra indimenticabili risate ed esplosioni di rabbia da cui uscivamo esausti.
Stelio, dove tu sia, sei adesso tra tuoi idoli. Sono sicuro che stai già trovando il tuo piccolo angolo confortevole, tra i tuoi sogni, le tue fantasie e le tue passioni. E anche se ti porteremo per sempre dentro di noi, ci lasci terribilmente soli.

Uno dei nostri ultimi incontri

IN MEMORIAM STELIO VINANTI, LE PREMIER DES « ABBADIANI »

Stelio Vinanti

Chers lecteurs, vous ne connaissez sûrement pas Stelio Vinanti. Seuls, ceux qui vivaient à Milan depuis les temps où Claudio Abbado était à la Scala le connaissaient, seuls les vieux “loggionisti” ceux qui faisaient partie des “Amis du loggione” ont connu à l’époque sa haute stature, ses coups de gueule, sa passion pour la musique, pour Claudio Abbado, pour la culture sous toutes ses formes.
Le virus l’a emporté alors qu’il était dans une maison de retraite milanaise. Alors, pour ceux qui le connaissent et pour les autres aussi qui auraient sûrement aimé le côtoyer, je tiens à écrire ces souvenirs d’une figure des habitués qui fréquentaient la Scala et les salles de concert, d’un vrai mélomane, d’un abbadien de choc.
Il mérite d’être évoqué, puisqu’il est impossible de se rendre à Milan pour l’honorer tous ensemble.

Pour un caractère, c’en était un, facile à s’enflammer au-delà du raisonnable pour défendre ses passions et ses idées, voire ses chimères. C’était un flamboyant, qui passait ses journées dans son antre, au rez-de-jardin d’une ravissante maison dans le centre de Milan, dans ces maisons de travailleurs de la fin du XIXe, un peu dans le style cottage anglais revu à la lombarde ; ce rez-de-jardin était un amoncellement de papiers, de livres, d’articles de journaux découpés, et dans un coin une paire d’yeux énormes, ceux de Claudio Abbado qui semblaient le surveiller et veiller au joyeux bordel qui régnait là. Quand on y descendait, il nous montrait un article de journal, nous demandait ce que nous pensions de tel ou tel concert, de telle ou telle production de la Scala et si nous n’étions pas d’accord avec lui, il s’enflammait. Il considérait d’ailleurs qu’Abbado parti, la Scala n’en valait plus tout à fait la peine.

13 octobre 1989: Vienne, après Don Carlo: de gauche à droite Guy Cherqui, Stelio Vinanti, Claudio Abbado (avec l’autographe), et Mirella Freni au fond

Claudio l’aimait beaucoup, il se connaissaient depuis très longtemps, et avaient établi entre eux une de ces complicités qui font que lorsqu’on se retrouve le temps n’a pas de prise.
Lui, ce pilier des salles de concert, dans une ville où le petit milieu mélomane se retrouvait à tous les rendez-vous importants et où tout le monde de la musique se connaissait, il était une des figures de référence discutant avec tous, toujours souriant, laissant à tous quand il leur parlait l’impression qu’ils étaient seuls au monde. Il avait longtemps travaillé aux Amici del Loggione, les amis du Poulailler de la Scala, une association fondée aux temps de Paolo Grassi qui outre animer des soirées pour préparer les membres aux nouvelles productions de la Scala, organisait des événements, rencontres, expositions etc… et il y était plutôt chargé de l’événementiel.  C’est là que je l’ai connu, en préparant un événement autour de Bizet. Et nous fûmes immédiatement amis.
Amis au point que sa disparition est un énorme vide, comme un des pans essentiels de ma vie qui s’en va, parce que Stelio a été une des amitiés les plus fortes de mes années milanaises, il a été aussi pour moi une source infinie de savoirs divers, il m’a appris tant de choses, m’a invité à tant de lectures (« Come ? Ma non hai letto questo ? Ma non è possibile» disait-il de ce ton théâtral qu’il prenait alors de manière irrésistible). Aller lui rendre visite était la certitude non seulement de passer un moment stimulant, mais souvent fort, et de repartir avec plein d’idées dans la tête.
Il a été aussi parmi les fondateurs naturels du Club Abbadiani Itineranti qui a suivi Claudio après son départ de Milan en 1986, d’abord informellement, puis bientôt formellement par la fondation d’une association. Et depuis 1986 ou 1987 et jusqu’à 2013, nous nous sommes tous régulièrement retrouvés aux concerts de Claudio à Vienne, à Berlin, Lucerne ou ailleurs. Combien de retours en voiture à Milan dans la nuit écoutant des cassettes, ou des CD, discutant de la production ou du concert qu’on venait de voir, combien d’engueulades homériques entre Klagenfurt et Tarvisio, Munich et le Brenner, Ferrare et Milan.

Avec sa fille Alessandra à la Scala peu avant la fermeture due au virus

Tel était Stelio, un personnage cultivé, curieux, tellement plongé dans son monde qu’il en oubliait souvent le monde réel, mais il avait heureusement auprès de lui son épouse Francesca, admirable, enseignante au conservatoire, et deux filles exceptionnelles qui ont évidemment fait carrière dans la culture, et notamment dans le théâtre, qui jouaient à trois le rôle du fils de Jean le Bon à la bataille « Père gardez-vous à droite! Père gardez-vous à gauche !». À toutes les trois j’adresse mes pensées tellement affectueuses.
Oui, Stelio vivait dans son monde et nous l’aimions pour cette singularité, qui nous agaçait quelquefois par ses excès, mais qui pour les mêmes excès nous charmait aussi. C’était un personnage balzacien, un César Birotteau de la musique, ou un de ces maniaques de Molière qui plient la maisonnée

à sa manie : c’était un personnage de fiction perdu dans un monde qui n’était pas fait pour lui.
Il avait accumulé des documents incroyables sur toute la vie culturelle italienne et européenne depuis les années 70, son archive est un puits sans fonds, avec les connaissances, les commentaires et les ressentis qui allaient avec : s’il avait voulu écrire, ou transmettre tous les trésors qu’il connaissait, sans doute aurions-nous une des grandes mémoires musicales ou théâtrales de la fin du XXe. Il m’a d’ailleurs aussi transmis sa passion pour le metteur en scène Luca Ronconi. Qui était pour lui l’autre compagnon de route.
Mais Stelio était aussi un fragile, peu sûr de lui; il préférait se plonger dans ses passions de manière solitaire ou avec quelques amis et ne se serait jamais confronté au monde : il était trop confortable dans ce royaume dont il était le monarque absolu.
Originaire de Belluno, non loin des Dolomites, il aimait d’ailleurs les dernières années se retirer tout seul dans sa « casera », une petite maison de bûcheron au fond des bois pour peindre, dessiner, et rêver.

Sa santé s’était dégradée, il était depuis plus d’un an dans une maison de retraite, et il y avait transformé sa chambre en annexe de son antre, pleine de journaux découpés et surtout de dessins superbes des pensionnaires qu’il saisissait par des traits d’une sûreté incroyable. Là où il était, il avait cette merveilleuse capacité à se recréer un monde à part, un monde à lui.

Artiste dans l’âme, plus solitaire et plus pudique qu’on ne pourrait croire, homme du livre et du papier, peu doué de sens pratique, (ses face à face avec l’ordinateur ou plus tard le smartphone étaient homériques) personnage d’un autre âge, dédié seulement à l’art et à la musique, dédié à ses idoles, il était pour nous à la fois l’emblème de nos années de passions folles pour la musique, pour Claudio, pour le théâtre, pour l’art, et en même temps il représentait pour nous l’extrême du possible. D’où cette alternance, y compris en une soirée, entre éclats de rires inoubliables et colères dont nous sortions épuisés.
Stelio, là où tu es tu as rejoint tes idoles. Je suis sûr que tu es déjà en train de te trouver ton petit coin entre tes rêves, tes chimères et tes passions. Et même si nous continuerons de te porter en nous, tu nous laisses terriblement seuls.

Une de nos dernières rencontres, il y a quelques mois